domenica 11 dicembre 2011

Presenti al presidio anticapitalista!

Sabato 3 dicembre anche attivisti di Stop Capitalismo erano presenti al presidio anticapitalista di Milano assieme a diverse realtà italiane ed europee. La lotta anticapitalista prosegue! Smash capitalism!







mercoledì 20 luglio 2011

I DANNI DI UN CAPITALISMO SENZA REGOLE

Articolo di Stiglitz:

Solo pochi anni fa una potente ideologia, il credo nei mercati liberi e senza regole, portò il mondo a un passo dalla rovina. Anche al suo apice, dai primi anni ’80 fino al 2007, il capitalismo regolato sul modello statunitense ha veicolato un gran benessere materiale solo ai più ricchi delle nazioni più ricche del mondo.

In effetti, nel corso dell’ascendente trentennale di questa ideologia, la gran parte degli Americani ha visto i propri introiti calare o stagnare anno dopo anno.

Inoltre, la crescita produttiva negli Stati Uniti non era economicamente sostenibile. Con tanto reddito nazionale nelle mani di così poche persone, la crescita poteva continuare solo grazie al consumo finanziato da una sfilza sempre maggiore di debiti.

Ero tra le persone piene della speranza che, in qualche modo, la crisi finanziaria avrebbe dato agli americani (e ad altri) una lezione sulla necessità di una maggiore uguaglianza, una regolamentazione più forte e un miglior bilanciamento tra il mercato e il governo.

Purtroppo, non è andata così.

Al contrario, il risorgere dell’economia di destra - pilotata, come sempre, dall’ideologia e dagli interessi individuali -, ha minacciato ancora una volta l’economia globale, o almeno le economie dell’Europa e dell’America, dove queste idee hanno continuato a prosperare.

Negli Stati Uniti questa rinascita delle destre, i cui seguaci evidentemente cercano di abrogare le leggi fondamentali della matematica e dell’economia, sta minacciando di costringere il governo a fare un default sul debito pubblico. Se le autorizzazioni di spesa del Congresso superassero le entrate, ci sarebbe un deficit e quel deficit andrebbe finanziato.

Invece di bilanciare attentamente i benefici di ogni programma di spesa del governo con gli svantaggi dell’innalzamento delle tasse per finanziare gli aspetti positivi, la destra cerca di usare le maniere forti, non consentendo al debito nazionale di aumentare la spesa, costringendole nei limiti delle imposte esistenti.

Tutto questo lascia aperta la questione delle priorità delle spese, e se le spese per pagare gli interessi sul debito pubblico non sono importanti, allora il default è inevitabile. Per di più, tagliare le spese in questo momento, nel mezzo di una crisi causata dall’ideologia del libero mercato, farebbe semplicemente prolungare la flessione.

Un decennio fa, durante il boom economico, gli Stati Uniti avevano un attivo di bilancio così grande che si credeva avesse potuto eliminare il debito nazionale.

Quindi cosa è successo?

Le guerre e i tagli alle imposte insostenibili, una severa recessione e i costi del sistema sanitario in forte aumento – alimentati in parte dall’impegno dell’amministrazione di George W Bush di lasciare carta bianca alle aziende del farmaco per la determinazione dei prezzi, mettendo a repentaglio le finanze governative – hanno rapidamente trasformato un enorme surplus in un deficit record per i periodi di pace.

I rimedi per il deficit degli USA provengono direttamente da questa diagnosi: rimettere l’America al lavoro stimolando l’economia; porre fine alle guerre senza senso; contenere i costi sanitari e militari; e alzare le tasse, almeno sui più abbienti.

Ma la destra non ne vorrà sapere, piuttosto sta spingendo per tagli ancora più consistenti alle tasse per le corporations e i ricchi, abbinati ai tagli alla spesa negli investimenti e nella protezione sociale che mettono il futuro dell’economia statunitense a rischio e che fanno a pezzi quello che ancora rimane del contratto sociale.

Nel frattempo, il settore finanziaria USA sta facendo grosse pressioni per liberarsi dalle regolamentazioni per poter tornare ai vecchi sistemi disastrosamente imprudenti.

Ma la faccenda va un po’ meglio in Europa. Anche se la Grecia e altri paesi sono in crisi, la medicine du jour sono sempre i logorati pacchetti di austerità e le privatizzazioni, che solo renderà le nazioni che li abbracceranno sempre più poveri e vulnerabili. Questa medicina ha fallito nell’Asia Orientale, in America Latina e in qualsiasi altro posto, e fallirà anche questa volta in Europa. In effetti, è già fallito in Irlanda, Lettonia e Grecia.

Esiste un’alternativa: una strategia per la crescita economica supportata dall’Unione Europea e dal FMI. La crescita farebbe ripristinare la fiducia che la Grecia sia in grado di ripagare i suoi debiti, facendo abbassare i tassi d’interesse e lasciando più spazio fiscale per successivi investimenti a favore della crescita.

La crescita incrementa le entrate fiscali e riduce le necessità della spesa pubblica, così come i sussidi per la disoccupazione. E la fiducia che viene generata porta a una crescita ancora maggiore.

Purtroppo, i mercati finanziari e gli economisti di destra considerano il problema dal lato opposto: credono che l’austerità aumenti la fiducia, e di conseguenza la fiducia porterà alla crescita. Ma l’austerità mina la crescita, peggiorando la salute fiscale del governo, o almeno ottenendo meno risultati di quanto promettono i sostenitori dell’austerità. In entrambi i casi, la fiducia viene erosa e viene attivata una spirale regressiva.

Abbiamo ancora bisogno di un altro esperimento costoso basato su idee che hanno fallito a ripetizione? Non dovremmo, ma sembra sempre più probabile che dovremmo farcene carico comunque.

Se l’Europa o gli Stati Uniti fallissero nel raggiungere una crescita robusta, le cose per l’economia globale si metterebbero davvero male. Un insuccesso di entrambe sarebbe disastroso, anche se le più grandi nazioni emergenti realizzassero una crescita per il loro sostentamento.

sabato 21 maggio 2011

L'esattore porta la multa. Gli allevatori lo sequestrano

Prima le manifestazioni di piazza (Cagliari, sabato scorso), poi gli assalti alle sedi (Torino e Milano), quindi le minacce armate (sempre in Sardegna) ed ora anche il sequestro di persona. Fare l'esattore delle tasse, oggi, sembra diventato più pericoloso che fare il poliziotto o il militare. Ne sa qualcosa un dipendente di Equitalia di Vicenza, presentatosi ieri in un'azienda agricola di Lonigo con una cartella esattoriale da 587 mila euro, sequestrato per alcune ore da sei allevatori di bestiame inferociti.

Sono dovuti intervenire i Carabinieri, che hanno poi segnalato i fatti alla magistratura, per placare il titolare dell'azienda agricola ed i suoi vicini di casa, scatenati alla vista della cartella esattoriale dovuta ad una multa per lo sforamento delle quote latte. I sei hanno prima danneggiato l'auto dell'esattore (uno dei vicini gli avrebbe rotto il parabrezza con una gomitata), poi lo hanno coperto di insulti e sequestrato.

«Rilasciandolo» solo dopo l'arrivo dei militari e l'intervento della direzione di Vicenza di Equitalia, che ha dovuto inviare all'allevatore un fax spiegando che la titolarità del credito era dell'Agea, l'agenzia che eroga i contributi agricoli, e che Equitalia non avrebbe quindi potuto sospendere il debito. Non è che l'ultimo episodio di un'ormai lunga serie di violenze ed intimidazioni ai funzionari dell'agenzia pubblica di riscossione dei tributi. La crisi economica e le nuove norme per il recupero di multe, contributi e tasse non pagate, sono tornati a farli odiare quasi come lo erano i gabellieri medievali. In un diluvio di esecuzioni immobiliari coatte, pignoramenti e ganasce fiscali, la situazione sta degenerando.

martedì 3 maggio 2011

Dati Ocse: crescono le disuguaglianze!

I dati Ocse usciti oggi confermano quanto affermiamo da tempo: il sistema capitalista è fonte di crescenti e sempre più radicali diseguaglianze!


ROMA (Reuters) - In un contesto che vede il divario tra ricchi e poveri crescere in gran parte dei paesi Ocse, l'Italia si piazza al quinto posto per livello di disuguaglianza complessiva, dietro a Stati Uniti e Gran Bretagna ma avanti a Francia e Germania.
Lo si desume dal rapporto "Growing income inequality in Oecd countries: what drives it and how can policy tackle it?" che gli economisti di Parigi hanno appena pubblicato.
L'Ocse spiega che nel corso degli ultimi 20 anni fino all'inizio della crisi economica globale, il reddito reale disponibile delle famiglie è aumentato in tutti i paesi membri (1,7% all'anno in media).
Ma nella grande maggioranza dei casi il reddito del 10% più ricco della popolazione è cresciuto più rapidamente del reddito del 10% più povero.
"Nella media il reddito del 10% più ricco della popolazione è di circa nove volte quello del 10% più povero", spiegano gli economisti di Parigi.

Anche se questo rapporto è molto più basso nei paesi nordici e in molti paesi dell'Europa continentale, sale a circa 14 a 1 in Israele, Turchia e Stati Uniti, ad un massimo di 27-1 in Cile e Messico.
Nella media dei 29 paesi presi a riferimento per lo studio, il reddito del decimo percentile più ricco è cresciunto del 2% contro l'1,4% del decimo più povero. L'Italia ha registrato un aumento marginale dei redditi (+0,8%), che nasconde però la crescita pari all'1,1% per il decile più ricco a fronte del +0,2% messo a segno dal decile più povero.

ITALIA VICINA A STATI UNITI PER CONCENTRAZIONE REDDITI
Il coefficiente di Gini, un indicatore della disuguaglianza che va da zero (redditi identici) a 1 (tutto il reddito va a una sola persona), nella media dei Paesi Ocse era pari a 0,28 a metà anni Ottanta. Dal 2000 in poi è aumentato di circa il 10% a 0,31.
Basandosi su questo indice, l'Ocse calcola che la disuguaglianza di reddito è aumentata in 17 dei 22 paesi membri per i quali sono disponibili dati adeguati. In Finlandia, Germania, Israele, Nuova Zelanda, Svezia e Stati Uniti, il coefficiente di Gini è aumentato di oltre 4 punti percentuali. E solo cinque paesi (Turchia, Grecia, Francia, Ungheria e Belgio) hanno registrato una diminuzione, anche se di piccole dimensioni.
Dati disaggregati per singoli paesi non ce ne sono, ma il rapporto mostra che l'Italia è più vicina ai paesi anglosassoni che all'Europa continentale per concentrazione dei redditi.
Con un coefficiente di Gini a circa 0,35, l'Italia è sopra la media Ocse e immediatamente dietro Messico, Stati Uniti, Israele e Regno Unito. La Germania è al decimo posto mentre Svezia, Danimarca e Norvegia si confermano alla guida degli Stati più egualitari.
La crescita della disuguaglianza si è concentrata soprattutto nei periodi di positiva congiuntura economica, aspetto "che solleva la questione del perché non tutti hanno beneficiato della crescita allo stesso modo", spiega l'Ocse.
Sebbene sia difficile valutare appieno il ruolo di molte potenziali forze motrici, l'Ocse individua tre fattori che possono aver fatto la differenza.
Innanzitutto la globalizzazione, che ha aumentato la domanda (e quindi i redditi) dei lavoratori più qualificati e ha di converso ridotto, anche a causa dei flussi migratori, il reddito dei meno qualificati.
Ha inciso sulla disuguaglianza anche la trasformazione della famiglia: l'aumento dei nuclei "con un solo genitore" spiegherebbe ad esempio buona parte della maggiore disuguaglianza negli Stati Uniti, secondo uno studio citato nel rapporto.
Terzo, influisce sulla disuguaglianza anche la minore capacità dei sistemi fiscali di redistribuire efficacemente il reddito tra la popolazione.


lunedì 11 aprile 2011

Contro la precarietà! Sempre!

Stop Capitalismo esprime totale supporto alle mobilitazioni contro la precarietà, a cui singoli attivisti anticapitalisti hanno preso parte!

Mobilitarsi e reagire allo sfruttamento e al crimine del lavoro a tempo è l'unica via per cercare di fermare i soprusi contro tutti i cittadini non privilegiati.

Accettare tutto supinamente come un portato inevitabile della 'modernità' (mentre intanto i figli-di e amici-di si prendono dei gran bei posti garantiti al riparo dallo sfruttamento e pieni di privilegi) è l'errore più grande che si possa fare!

Se si vuole trovare un rimedio ai problemi creati dalla globalizzazione e dal turbocapitalismo si inizi anche a parlare di dazi doganali, di tagli agli stipendi dei manager e di tassazione delle rendite! Altrimenti non c'è scampo!

Cerchiamo però di sfatare qualche 'mito' : precarietà e lavoro a tempo sono totalmente supportati in Italia (come in tutta Europa) anche dai partiti del cosidetto 'centrosinistra' (che lo introdusse in Italia a fine anni '90) e non solo dal PDL di Berlusconi.

Inoltre, la precarietà non è un fenomeno (deleterio) diffuso solo fino a 30 anni o riservato ai giovani, come si tenta di far passare, quasi a relegare il problema anagraficamente! No! Sta crescendo il numero dei precari anche a 35, 40, 45 e oltre, senza dimenticare poi tutti gli over 35 che, a causa dell'età ("a 35 anni sei troppo vecchio per lavorare") vengono addirittura espulsi dall'accesso a lavori precari e quindi cadono irrimedibilmente nella disoccupazione senza uscita!

E' questo il futuro che volete per voi e per i vostri figli?


giovedì 7 aprile 2011

Continua la distruzione dell'industria italiana!

Ennesima emergenza lavorativa in Piemonte: grazie al blocco degli incentivi decisi dal Governo sul fotovoltaico, la Compuprint di Leinì (Torino), azienda impegnata nello sviluppo di pannelli fotovoltaici, intende licenziare 250 dipendenti su 271! In un Canavese martoriato da oltre 20 anni di politiche deindustrializzanti e depauperanti, con la chiusura continua di industrie a grande innovazione tecnologica (proprio quelle che bisognerebbe invece sostenere e sviluppare), si prosegue sulla strada della globalizzazione scellerata che sta trasformando l’Italia in un deserto industriale, con l’esplosione del numero di disoccupati, persone di cui non si interessa più nessuno, presi come siamo dall’aiutare in tutti i modi i clandestini provenienti da altri paesi! Tali scelte finiscono inoltre per favorire l’afflusso di pannelli cinesi a basso costo, che già fanno una concorrenza sleale alle nostre aziende! Tagli e chiusure infatti aiuteranno per l’ennesima volta le scadenti importazioni dalla Cina e dall’estremo oriente. Manufatti che hanno, inoltre, costi sociali e ambientali altissimi! La Cina è diventata negli ultimi anni il leader mondiale nelle produzione di fotovoltaico con costi ambientali enormi: la Luoyang Zhonggui, il più grande produttore di pannelli solari cinese, inquina pesantemente con rifiuti tossici prodotti dalle sue fabbriche le campagne, avvelenando colture e popolazioni rurali. Il problema non è il fotovoltaico in sé (dato che esistono le tecnologie per riciclare i sottoprodotti chimici della produzione di celle solari) ma le aziende e fabbriche cinesi sono più preoccupate di tagliare i costi che di ridurre l’inquinamento! I costi ambientali non sono ancora compresi nel listino prezzi del fotovoltaico cinese, quel che conta è l’espansione commerciale nel resto del mondo, specialmente nei Paesi sviluppati che invece producono cercando di rispettare l’ambiente e i Diritti dei lavoratori. Basta con le chiusure criminali delle fabbriche italiane! Chiudere le frontiere alle merci cinesi ed extra-EU e introdurre immediatamente dazi doganali altissimi su tutte le merci provenienti da questi paesi (utilizzando i fondi generati per introdurre aiuti massicci ai cittaini italiani disoccupati).

lunedì 28 marzo 2011

Stop flessibilità, basta agenzie del lavoro!


Sabato 26 marzo di fronte al Comune di Torino attivisti del network Stop Capitalismo hanno tenuto, assieme a militanti autonomi nazionalisti, un presidio per chiedere l’abolizione del lavoro a tempo determinato e la chiusura di tutte le agenzie del lavoro (ex interinali). L’obiettivo di tali mobilitazioni vuole essere quello di sensibilizzare e far riflettere i cittadini e i lavoratori su queste modalità di sfruttamento troppo spesso accettate, complice anche la propaganda mondialista, come ineluttabili ‘forme di modernità’. Sia ben chiaro: la precarietà non è e non deve essere considerata la normalità! Non ci si deve assuefare allo sfruttamento e alle enormi discriminazioni, disparità e ingiustizie imposte da un’élite di garantiti a tutti i non privilegiati! In una società che vede un crescente degrado nella condizione dei cittadini non privilegiati ed una mercificazione abbruttente di ogni rapporto sociale, in cui aumenta il divario della disuguaglianza, in cui i ricchi continuano ad arricchirsi mentre il numero dei disoccupati e precari esplode, diventa per noi prioritario iniziare a prendere posizioni chiare e fare scelte coerenti! Noi chiediamo che venga colpita ogni forma di sfruttamento, mascherata o meno, e che si proceda a stabilizzare i rapporti di lavoro, ad ogni livello, convertendo nelle singole aziende i contratti di lavoro interinale in rapporti a tempo indeterminato.

DIFENDI I TUOI DIRITTI!

IL LAVORO UMANO NON E’ UNA MERCE!

CHIUDERE TUTTE LE AGENZIE PER IL LAVORO!

PENSA! DISSENTI! REAGISCI! Altro report su: http://resistenza-nazionale.blogspot.com/

venerdì 25 marzo 2011

Cresce la disperazione! Chi pagherà per tutto ciò?

UN'ALTRA TRISTE STORIA DAL CANAVESE:

Di quel peregrinare da un'azienda all'altra in cerca di lavoro, non ne poteva proprio più. Quarantaquattro anni, una moglie, un figlio di appena quattro anni, un mutuo da pagare e la banca che minaccia di portargli via la casa.
Ieri mattina, quest'operaio di Vestignè ha perso la testa e ha minacciato, per oltre un'ora, di buttarsi dal ponte della Dora. «Basta, non ce la faccio più. Mi hanno tolto anche la dignità.». A salvarlo è stato il sindaco, Arnaldo G., e il vigile urbano del paese.
Insieme gli hanno parlato a lungo prima di convicerlo ad allontanarsi da quel parapetto e a salire sull'ambulanza. «Non mollare, vedrai che le cose andranno meglio. Hai una famiglia che non può essere abbandonata proprio in questo momento».
In paese in molti conoscono la sua storia. «Una brava persona che non riesce a trovare un lavoro - dicono -. E' in serie difficoltà economiche. Proprio questa mattina la banca gli ha fatto capire che se non paga le rate del mutuo gli porterà via la casa».

Fonte:
http://lasentinella.gelocal.it/cronaca/2011/03/25/news/operaio-minaccia-di-buttarsi-dal-ponte-la-banca-vuole-portarmi-via-la-casa-3766336

TOTALE SOLIDARIETA' AL NOSTRO CONCITTADINO: NON MOLLARE, VERRA' IL GIORNO...
FANCULO ALLE BANCHE, AI GLOBALIZZATORI E DELOCALIZZATORI CHE HANNO PORTATO ALL'ESTERO LE FABBRICHE, CAUSA PRIMARIA DELLA DISPERAZIONE CRESCENTE, E A TUTTI I RADICAL CHIC PRIVILEGIATI TROPPO IMPEGNATI A PENSARE A STRONZATE MONDIALISTE MENTRE I NON PRIVILEGIATI PAGANO IL CONTO DELLA FOLLIA CAPITALISTA!

martedì 15 marzo 2011

Livello di crisi economica

Quale grado di gravità ha la crisi economica sul territorio nazionale?

martedì 1 marzo 2011

In un anno disoccupazione +2,8%!

Continua a peggiorare la situazione lavorativa italiana: l’Istat ha diffuso oggi i dati sul tasso di disoccupazione che, per il terzo mese consecutivo, si attesta all’8,6% (cifra che comunque è, grazie alla manipolazione voluta dei dati, ben più bassa di quella reale, che dovrebbe attestarsi oltre il 12%) segnando un +0,2 punti per cento su base annua. Il numero dei disoccupati, prosegue l’Istat, pari a 2 milioni 145 mila, registra una crescita dello 0,1% (+2 mila unità) rispetto a dicembre. Su base annua invece la crescita del numero di disoccupati è del 2,8% (+58 mila unità).
Sempre a gennaio gli occupati sono 22 milioni 831 mila unità, in diminuzione dello 0,4% (-83 mila unità) rispetto a dicembre 2010. A peggiorare la situazione ci si mette anche l’inflazione importata, ossia l’aumento dei prezzi (soprattutto i prezzi di beni primari come i carburanti e gli alimentari, pane e frutta fresca) per cause esogene, come ad esempio lo sviluppo e la crescita dei consumi di paesi come Cina, India e Brasile.
Insomma, tra meno lavoro, meno consumi e prezzi più alti la realtà si fa sempre più dura per i non privilegiati nazionali. Finchè non si colpiranno le cause reali che stanno alla base di questo sfascio, invertendo le tendenze della globalizzazione capitalista (lavoro a tempo e delocalizzazioni in primis) non sarà possibile impedire la corsa verso il declino!


mercoledì 23 febbraio 2011

Stop ai prodotti cinesi!

Continua inarrestabile l’immissione/invasione (spesso totalmente clandestina, poichè frutto di una vera e propria importazione parallela) nel mercato italiano di prodotti Made in China contraffatti e nocivi, uno degli effetti più evidenti della globalizzazione e dei ‘vantaggi’ del libero mercato! Un danno sociale ed economico enorme!
Prodotti pericolosi ma che generano altissimi profitti (in pure spirito capitalista!): dentifrici contenenti antigelo, passata di pomodoro avariata, riso OGM-transgenico, giocattoli con elementi tossici, cibi conservati in condizioni precarie, capi di abbigliamento sospettati di contenere sostanze chimiche altamente pericolose, articoli tecnologici e materiali idraulici ed elettrici realizzati male e spesso con materiali pericolosi!
Dovrebbe essere lo Stato a proteggere la salute e gli interessi dei cittadini italiani ed europei, ma purtroppo l’adesione totale ai dogmi del libero mercato e del turbocapitalismo impedisce tali misure. E allora bisogna difendersi da se, cominciando magari ad evitare il più possibile l’acquisto di prodotti cinesi e delle multinazionali con fabbriche in Cina, preferendo produzioni italiane ed europee, frutto del lavoro di cittadini italiani ed europei!

giovedì 10 febbraio 2011

Le angosce degli italiani e le distorsioni mediatiche

In un sondaggio svolto tra la popolazione italiana è emerso in maniera molto netta il fatto che l'insicurezza economica sia in forte crescita nella nostra Nazione (di pari passo all'accentuarsi del fenomeno capital-mondialista che, secondo la propaganda delle oligarchie globali, avrebbe dovuto invece portare benessere per tutti!!!) e le prospettive future inerenti l'occupazione e il lavoro rappresentino la fonte di preoccupazione più grossa per una fetta crescente di cittadini.
E' inoltre emerso chiaramente come ci sia un divario netto tra rappresentazione mediatica e sociale: i problemi economici dominano l'agenda delle preoccupazioni degli italiani, mentre i media e l'informazione si occupano prevalentemente di altro!
Quasi a voler deviare l'attenzione dagli enormi problemi che hanno la causa primaria nella globalizzazione e nell'estendersi dei dogmi capitalisti!
Il sondaggio ha chiaramente mostrato come il 60% degli italiani tema anzitutto la disoccupazione (48,2%), la precarietà e l'assenza crescente di prospettive.
E ciò in opposizione rispetto alle tendenze dei media e dell'informazione: sui telegiornali e i media in generale, queste preoccupazioni e i problemi degli italiani ottengono uno spazio molto, ma molto limitato!
Una sottorappresentazione della dimensione economica-occupazionale, che non ha rapporto con la realtà né con la percezione sociale!

domenica 30 gennaio 2011

Davos 2011

Anche quest’anno si è tenuto a Davos l’appuntamento più importante organizzato dal Forum Economico Mondiale (World Economic Forum - WEF), un’istituzione privata con sede a Ginevra, sostenuta e finanziata dai propri membri, le 1000 imprese private più grandi del mondo. Esso è senz’ombra di dubbio il più grande incontro dell’élite privata mondiale. A Davos vengono create le migliori teorie d’attacco del capitalismo: da sempre il WEF ha un ruolo guida come ‘creatore di ideologia’ ed è stato fondamentale per l’affermazione delle visioni e delle pratiche neoliberali nell’ultimo decennio. Insomma, un sistema globale di decisione economica e politica al di sopra degli stati, delle leggi nazionali.
La crisi è ormai alle spalle e i capitalisti globali hanno riacquistato tutta la loro arroganza.
Davos 2011 ha mostrato che i banchieri (impuniti per tutto quello che hanno causato negli ultimi anni) hanno rialzato la cresta e intimano ai politicanti di piegarsi alle loro pretese.
Il grido di battaglia comune è stato: enough regulation, let's move on!
I padroni di Wall Street e della City, assieme a tutti gli altri capitalisti globali (russi, cinesi, ecc) si sono indignati per l’onda di regole messe in piedi per contrastare nuove crisi e che potrebbe mettere a rischio i loro utili (per non parlare delle loro milionarie buste paga). «Quello che è troppo è troppo» ha intonato il capo di una grande banca inglese, accusando le autorità di volere distruggere l’industria con nuove restrizioni e cavilli. Il re di Wall Street Jamie Dimon, capo della JP Morgan Chase, ha trovato anche il tempo per un confronto irato con Nicolas Sarkozy, alzandosi in mezzo alla platea per dire al Presidente francese di smetterla di attaccare i banchieri come se fossero tutti uguali!
E a pagare il costo del disastro tutt'ora in corso saranno, come sempre, i non privilegiati europei!

mercoledì 19 gennaio 2011

Bankitalia e Istat: allarme povertà in Italia!

Gli ultimi dati forniti da Bankitalia e ISTAT confermano il peggioramento delle condizioni per la popolazione italiana, non facendo presagire nulla di buono per gli anni a venire, se non si procede ad un rapido e drastico cambio di rotta che inverta la corsa verso il basso determinata dalle logiche capitaliste insite nella globalizzazione.
Nel 2009 le famiglie in condizioni di poverta' relativa sono il 10,8% di quelle residenti; si tratta di 7,8 milioni di individui poveri, il 13,1% della popolazione residente. La poverta' assoluta, si legge nel rapporto dell'Istat 'Noi Italia 2011', coinvolge il 4,7% delle famiglie, per un totale di 3,1 milioni di individui!
Nel 2009 il 15,3% delle famiglie residenti in Italia presenta almeno tre delle difficolta' considerate nel calcolo dell'indice sintetico di deprivazione.
Più un'altra inquietante conferma: i consumi delle famiglie ristagnano, il loro reddito disponibile reale scende. Le famiglie non consumano, perché non possono e sono preoccupate per il lavoro.
Il tasso di inattivita' della popolazione tra i 15 e i 64 anni nell'Unione europea e' pari al 28,9%. L'Italia, con il 37,6%, si colloca al terzo posto della graduatoria a 27 paesi.
Nel nostro Paese il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) e' pari al 25,4%, in aumento di oltre quattro punti rispetto all'anno precedente e superiore a quello medio dell'Unione (19,8%). La quota di unita' di lavoro irregolari e' pari all'11,9%.
Anche Bankitalia conferma l'allarme disoccupazione: smentendo le cifre 'ottimistiche', sembra proprio che i disoccupati siano molti di più di quel che sembra!
Per Bankitalia la quota reale di disoccupazione è vicina all'11%!
Se a novembre il tasso di disoccupazione italiano risulta dell’8,7 per cento secondo i dati ufficiali diffusi dall'Istat, la disoccupazione “reale” però, calcolata includendo i lavoratori scoraggiati e l'equivalente delle ore della Cassa integrazione guadagni (cig), si collocherebbe almeno due punti percentuali al di sopra del tasso di disoccupazione ufficiale.

SMASH CAPITALISM!

giovedì 13 gennaio 2011

Referendum alla Fiat: tra globalizzazione e 'ricatti'

Prende il via quest'oggi il referendum tra i lavoratori sull'accordo per Mirafiori.
Ma si può considerare una libera scelta quella fatta sotto 'ricatto' di possibile delocalizzazione degli impianti?
Se per un attimo si va oltre al solo caso Fiat e alle questioni relative alle nuove norme in merito alle turnazioni (che prevedono più notturni e più straordinari), ai permessi malattia e all'abolizione delle pause, fatti che di per se confermano l’onda lunga del processo in atto che sta portando tutti i lavoratori verso una progressiva perdita dei Diritti acquisiti in decenni di lotte e un peggioramento complessivo delle condizioni lavorative (che, ricordiamo, sono in corso in Italia, ma non solo, da due decenni circa. Si pensi solo alla vergogna diffusa del lavoro flessibile/interinale, introdotto dal centro-sinistra di Prodi nel periodo 1997-98 con il pacchetto Treu, all’epoca, lo ricordiamo bene, NON CONTESTATO DA QUASI NESSUNO!) è facile vedere come la situazione specifica si possa ricollegare ad una dimensione più ampia, sottovalutata da anni (specie dalle persone di sinistra): la globalizzazione neoliberista!
E’ innegabile che l’attuale forma di Capitalismo globalizzato, il Turbocapitalismo, si basi sempre più sul ‘Modello Cinese’, cioè sul ‘Capitalismo Totalitario’, sul capitalismo come strumento di dominio.
Si può ormai tranquilamente parlare di DITTATURA DEL CAPITALISMO, un sistema in cui in nome del profitto (di pochi) e di poca crescita in più vengono sacrificati tutti gli obiettivi sociali, politici e culturali, e dove in maniera crescente si trasferisce il potere dalle pubbliche autorità (espressioni, così dovrebbe essere, della volontà dei cittadini) agli interessi economici privati delle élites mondialiste.
Tutti i mali odierni (che in un futuro molto prossimo aumenteranno e si estenderanno tra la popolazione) dipendono dal processo di globalizzazione in atto da decenni.
Processo che ha portato ad un’economia globale sempre più turbocapitalista, in cui competizione esasperata, ritmi vorticosi e allucinanti, assenza di regole e peggioramento delle condizioni generali la fanno da padrone!
Questo è il vero volto del mondialismo, della globalizzazione: un sistema che permette alle oligarchie globali di accumulare profitti immensi ai danni di tutti i Popoli del mondo, Europei in primis, che si vedono portare via le fabbriche e il lavoro e, con essi, in assenza di alternative, il Futuro, finendo sotto ricatto (poiché di questo si tratta) per cercare di conservare quel poco che resta!
Ma non si illudano gli attuali ‘benestanti’: tale processo non guarda in faccia nessuno e ben si sa che per ogni buon affare fatto (specie per le oligarchie), inevitabilmente ci deve essere una gran perdita subita in qualche altra parte! Qualcuno deve sempre pagare l’accumulo dei soliti noti!
Nessuno quindi (a meno che non si faccia parte della sempre più ristretta cerchia delle oligarchie e dei loro servi) è al riparo dalla tempesta che si sta estendendo.
In una società basata sul denaro è bene ricordare che il denaro ‘non olet’, non può attenersi a regole morali di nessun tipo e si presta molto facilmente a seguire logiche e meccanismi sempre più perversi.
Il turbocapitalismo è come un domino e domani toccherà sicuramente a qualcun altro dover cedere pezzi della propria vita per permettere agli oligarchi di incassare ulteriori profitti!

SOLIDARIETA' AGLI OPERAI DELLA FIAT!


Volantini distribuiti a Mirafiori da autonomi nazionalisti torinesi in supporto ai lavoratori della Fiat

sabato 8 gennaio 2011

BOOM DEGLI SCORAGGIATI: 1,5 MILIONI RINUNCIA ALLA RICERCA DEL POSTO

Per quasi 1,5 milioni di italiani la ricerca di un posto di lavoro e’ cosi’ difficile da risultare impossibile. E molti rinunciano. E’ questo il popolo degli scoraggiati, che secondo i dati dell’Istat si espande, raggiungendo nel terzo trimestre del 2010 quota 1 milione 478 mila, in aumento del 14% rispetto allo stesso periodo del 2009. Una folta schiera di persone che non rientra nelle stime ufficiali sulla disoccupazione (cosa che fa comodo al sistema!), ma che puo’ comunque considerarsi un indice dello stato di salute del mercato del lavoro e piu’ in generale dell’economia del Paese. Nel dettaglio, gli scoraggiati sono le persone che dichiarano di non essere alla ricerca di un impiego, perche’ ritengono di non riuscire a trovarlo! Non rientrando, quindi, ne’, ovviamente, nella fascia degli occupati ne’ in quella dei disoccupati. Fanno, invece, parte degli inattivi, ovvero coloro che, in eta’ compresa tra i 15 e 64 anni, non hanno e non cercano un posto. Sempre secondo l’ultimo aggiornamento si tratta di 15 milioni e 266 mila unita’. Anche per gli inattivi si registra un rialzo a confronto con luglio-settembre dello scorso anno (+2%), guardando al Mezzogiorno l’aumento e’ superiore alla media (+2,2%), proprio a causa, spiega l’Istituto di statistica del ”riproporsi di fenomeni di scoraggiamento”. Sono tutte risorse fuori dal mercato del lavoro: uomini, donne, giovani e adulti emarginati, destinati a diventare sempre piu’ numerosi in tempi di crisi. Fin qui si sono considerati gli scoraggiati ”in senso stretto”, ma se a questi si aggiungono quelli ”in senso lato”, cioe’ coloro che, fa sapere sempre l’Istat, ”dichiarano di non cercare lavoro perche’ in attesa di passate azioni di ricerca”, il numero nel terzo trimestre 2010 diventa di 2 milioni 133 mila, da 1 milione 844 mila del corrispondente periodo del 2009, con un balzo del 15,7%. Un’altro rialzo a doppia cifra che conferma un crescente sentimento di sfiducia degli italiani sulla possibilita’ di trovare un’occupazione. L’impennata degli scoraggiati in senso lato ha inciso anche sull’innalzamento degli inattivi nel Nord (+2,2%) e nel Centro Italia (+1,3%). Nell’ultima rilevazione sulle forze lavoro, l’Istituto, infatti, evidenzia come questi aumenti derivino sopratutto da adulti che aspettano risposte da precedenti tentativi di ricerca del posto, oltre che da giovani impegnati in un percorso d’istruzione. (Fonte: Ansa)