giovedì 30 dicembre 2010

USA: guardie armate negli uffici di collocamento!

Siamo a questo punto: nell'Indiana (USA) gli uffici di collocamento sono protetti da guardie armate! Un altro bel risultato raggiunto dal Capitalismo globale, no?
Non ci stupirebbe di vedere molto presto simili amenità anche qua in Europa, visto che i nostri 'governanti' si ostinano a seguire scriteriatamente le criminali logiche neoliberiste e turbocapitaliste che stanno distruggendo le vite di milioni di non-privilegiati!

INDIANAPOLIS -- Armed security guards will be on hand at 36 unemployment offices around Indiana in what state officials said is a step to improve safety and make branch security more consistent.
No specific incidents prompted the action, Department of Workforce Development spokesman Marc Lotter told 6News' Norman Cox.
Lotter said the agency is merely being cautious with the approach of an early-December deadline when thousands of Indiana residents could see their unemployment benefits end after exhausting the maximum 99 weeks provided through multiple federal extension periods. "Given the upcoming expiration of the federal extensions and the increased stress on some of the unemployed, we thought added security would provide an extra level of protection for our employees and clients," he said.
Some offices have had guards for nearly two years but those guards were hired on a regional basis, meaning some offices had armed guards while others did not, Lotter said.
Lotter said state employees in the affected offices have also recently gone through stress-management training in which they learn how to respond appropriately to angry clients.
"This is a stressful time for people in the economy," he said. "That's why we're not only taking this step (of hiring guards), but we're also increasing our training for our staff to be able to help people as they're trying to cope with these changes."

Fonte: http://www.theindychannel.com/news/25539273/detail.html

lunedì 20 dicembre 2010

L'abisso delle ineguaglianze

Sta aumentando la concentrazione della ricchezza e la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi in Italia.
I dati che emergono dal rapporto «La Ricchezza delle famiglie italiane» del bollettino di Bankitalia confermano la crescente disomogeneità nella distribuzione delle risorse nella nostra Nazione e un progressivo peggioramento delle condizioni economiche di una buona fetta della popolazione.
Secondo l'analisi, il 45% della ricchezza complessiva delle famiglie italiane è in mano al 10% delle famiglie, mentre la metà più povera deve accontentarsi del 10%!
Il trend di polarizzazione è confermato anche da altri dati: il numero di famiglie con una ricchezza netta negativa, alla fine del 2008 era pari al 3,2 per cento, in lieve ma graduale crescita dal 2000 in poi. L'indebitamento medio è invece aumentato del 29% negli ultimi anni.
Tenendo conto che gli effetti della crisi economica in corso, probabilmente non ancora del tutto visibili, sono destinati a peggiorare, la forbice, ne siamo sicuri, si allargherà ulteriormente!

giovedì 9 dicembre 2010

La Commissione Ue finanzia le multinazionali Usa

Interessante articolo apparso sul quotidiano Rinascita il primo dicembre, che mostra come i fondi, quasi 350 miliardi in sette anni, a disposizione dalla UE per aiutare lo sviluppo delle regioni europee svantaggiate e aiutare le PMI locali (quelle che non delocalizzano), finiscono invece, legalmente, nelle tasche delle grandi multinazionali come Coca Cola, IBM e Nokia!

Le multinazionali statunitensi, IBM, Honeywell, McDonald e Coca Cola, sono tra i beneficiari dei fondi regionali dell’Unione europea.
A rivelare la sensazionale notizia un database raccolto da un gruppo di giornalisti britannici che ha dimostrato come la Commissione europea ha garantito lauti finanziamenti ad aziende Usa come IBM, Coca-Cola, McDonald e Honeywell. Si annoverano poi fra i beneficiari le grandi aziende farmaceutiche, alcune catene di supermercati e delle compagnie europee nel settore aerospaziale e della difesa, come Eads e Dassault. Non sorprende che a farsi promotori della denuncia siano stati proprio i reporter del quotidiano della City londinese, Financial Times, ovvero legati al governo britannico e alla sua finanza euroscettica per antonomasia e acerrima nemica di un’Europa indipendente dal dominio anglo-americano.
Dall’inchiesta comunque emerge che i fondi strutturali europei non vengono spesi. Proprio così. Miliardi di euro destinati infatti ad accrescere le regioni depresse del Vecchio Continente rimangono nelle casse di Bruxelles, perché i governi non hanno le risorse finanziarie integrative per sbloccarli. Dal database si evince poi che i 347 miliardi di euro finora distribuiti in 271 regioni di 27 Paesi europei e che nell’arco di sette anni, sono stati utilizzati solo il dieci percento dei fondi allocati per il periodo 2007-2013. Ma non solo. Il gigante statunitense dei computer IBM è uno dei maggiori beneficiari delle commesse Ue, con oltre 24 milioni di euro intascati con alcuni progetti in vari Paesi dell’Unione europea. Di tale somma 15 milioni e 600.000 sono destinati ad un centro servizi a Wroclaw, nel sud della Polonia, altri 2,6 milioni per un centro simile nella Repubblica Ceca e 985.000 per un altro in Ungheria. In Italia, la filiale locale della multinazionale nordamericana ha ricevuto finora 3 milioni e 700.000 euro per lo sviluppo di un laboratorio di bio-informatica e per la messa in opera di portali per il commercio online, utili alle piccole e medie imprese nei settori del turismo, del patrimonio culturale e agroalimentare.
Nei Paesi Bassi, l’IBM ha stretto una partnership con altre due imprese, in un progetto pilota finanziato dall’Unione europea per la somma di 646.542 euro, finalizzato a ridurre del 14 per cento il consumo energetico di 500 nuclei familiari. Per quanto riguarda la Spagna, invece, la regione di Valencia è coinvolta nel progetto di incremento delle vendite di IBM con i soldi dell’Unione europea, in quanto ha acquisito i server e altri elementi per i computer prodotti dalla società per una somma pari a 638.820 euro.
La statunitense Honeywell produttrice di armamento e tecnologia aerospaziale ha ricevuto 4 milioni e 200mila euro per il suo centro di ricerca e sviluppo nella Repubblica ceca.
Anche il gigante Coca-Cola è presente nella lista, con 902.071 euro stanziati da Bruxelles per il potenziamento delle sue linee di produzione in Ungheria ed Estonia, nonché per la formazione del personale tedesco. A questo si aggiunge un progetto belga il cui valore non è stato rivelato.
Per quanto riguarda la farmaceutica, il gigante GlaxoSmithKline (GSK) ha ottenuto ben 1,8 milioni di euro per il suo impianto nel nord della Francia finalizzato ad “aumentare la capacità di liofilizzazione dei vaccini”. Un’altra grande compagnia dello stesso settore, la Pfizer, ha ricevuto 196.352 euro per la realizzazione di alcuni progetti in Belgio.
Dall’inchiesta dei giornalisti emerge un’amara verità: l’impossibilità di controllare il flusso del danaro da parte delle autorità centrali e il modo opaco in cui vengono spesi i fondi. Tra le cause principali un numero esiguo di investigatori anti-frode, pari a 25 unità, e una fitta rete di burocrati, che rende ardua la possibilità di sapere come i soldi vengono distribuiti e utilizzati. A rendere più grave la situazione è il ruolo svolto dalle regioni a cui fondi sono assegnati e in cui scompaiono tra la fitta rete delle maglie burocratiche. Per non parlare poi del sostegno dei fondi Ue sono proprio le multinazionali a stelle e strisce, battistrada dell’asservimento culturale ed economico di Washington sull’Europa-colonia.

domenica 5 dicembre 2010

Solidarietà ai lavoratori Comdata! No delocalizzazioni!

Siamo venuti a sapere che la Comdata chiuderà a Scarmagno il settore di Help Desk (assistenza telefonica ai clienti) per trasferirlo via dal Canavese.
Il network Stop Capitalismo esprime totale solidarietà ai lavoratori, specie ai precari che sicuramente perderanno il posto di lavoro.
Da vent’anni stiamo pagando il prezzo di politiche industriali basate su sfrenate logiche capitaliste, con il nostro territorio che subisce un’emorragia continua di attività produttive. In una situazione già altamente critica, se le aziende continuano a portare altrove gli impianti produttivi, piccoli e grandi, cosa resterà della nostra terra? Ogni azienda che delocalizza impoverisce il territorio, lo priva di eccellenze difficilmente ricreabili, elimina posti di lavoro e priva del futuro la collettività di cittadini e i lavoratori residenti.
E’ tempo di dire BASTA a queste scelte scellerate!
STOP DELOCALIZZAZIONI!

lunedì 29 novembre 2010

Proteggere il lavoro dalle delocalizzazioni, banche e falsi esperti

Pubblichiamo questo articolo dell'economista francese Maurice Allais (tradotto da Maurizio Blondet, articolo originale 'Il faut protéger le travail contre les délocalisations, par Maurice Allais, prix Nobel d’économie', apparso nel dicembre 2005 sulla rivista francese “Marianne”) su mondializzazione, disoccupazione in Europa e necessità del protezionismo:

Il punto di vista che qui esprimo è quello di un teorico insieme liberale e socialista. I due concetti sono nella mia mente indissociabili, la loro opposizione mi pare false e artificale. L’ideale socialista consiste nell’interessarsi all’equità nella ridistribuzione delle ricchezze, mentre i veri liberali si preoccupano dell’efficacia della produzione della stessa ricchezza. Ai miei occhi, sono due aspetti complementari della stessa dottrina. Ed è precisamente in quanto liberale mi autorizzo a criticare le insistite posizioni ripeture dalle grandi entità sovrannazionali in favore di un libero-scambismo applicato ciecamente.

Il fondamento della crisi: l’organizzazione mondiale del commercio

La recente riunione del G-20 ha di nuovo proclamato la sua denuncia del “protezionismo”, denuncia assurda ogni volta che viene espressa senza sfumatore, com’è nel caso attuale. Siamo davanti a ciò che chiamo “i tabù indiscussi” i cui effetti perversi si rinforzano e si moltiplicano nel corso degli anni. Perchè liberalizzare tutto, come si comincia a verificare, porta ai peggiori disordini. Al contrario, fra le tante verità che vengono taciute si trova il fondamento vero dell’attuale crisi: è l’organizzazione del commercio globale, che bisogna riformare profondamente, e prima ancora dell’altra grande riforma altrettanto indispensabile, quella del sistema bancario.

I grandi dirigenti del pianeta mostrano ancora una volta la loro ignoranza dell’economia, in quanto confondono due generi di protezionismo. Alcuni sono nefasti, mentre altri sono del tutto giustificati. Nella prima categoria si trova il protezionismo fra Paesi con salarii paragonabili, protezionismo non auspicabile. Ma per contro, il protezionismo tra Paesi con livelli di vita molto differenti è non solo lecito, ma assolutamente necessario. E’ il caso della Cina, verso la quale aver soppresso le protezioni doganali alle frontiere è semplicemente folle. Ma lo stesso vale anche verso Paesi più vicini, inclusi alcuni in seno all’Europa. Basta interrogarsi sul modo di lottare contro costi di produzione cinque o dieci volte inferiori per capire che la concorrenza non è sostenibile in questi casi. Specialmente di fronte a concorrenti indiani e cinesi che, oltre al minimo costo della manodopera, hanno competenze e spirito d’intrapresa.

Dato che l’alta disoccupazione attuale è dovuta a questa liberalizzazione totale del commercio, la strada presa dal G-20 è altamente nociva. Essa sarà un fattore di peggioramento della situazione sociale. E’ una scemenza di prima grandezza, che parte da un controsenso incredibile; esattamente come attribuire la crisi del 1929 a cause protezionistiche è un controsenso storico. La sua vera origine fu nello sviluppo sconsiderato del credito negli anni che l’hanno preceduta. Le misure protezionistiche applicate dopo l’arrivo della crisi hanno certamente contribuito a meglio controllarla.

Siamo dunque di fronte ad una ignoranza criminale. Che il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (nel 2005) Pascal Lamy abbia chiesto un’accelerazione delle liberalizzazioni globali mi pare un equivoco monumentale, direi mostruoso. Gli scambi, contrariamente a quel che pensa Lamy, non vanno considerati un fine in sè; non sono altro che un mezzo. Questo individuo, che prima era a Bruxelles come commissario europeo al commercio, non capisce niente, purtroppo. Di fronte a questa ostinazione suicida, avanzo la mia proposta: bisogna delocalizzare Pascal Lamy, una delle cause maggiori della disoccupazione.

Più concretamente, le regole da applicare sono di una semplicità assoluta: la disoccupazione viene dalle delocalizzazioni, a loro volta dovute a troppo grandi differenze salariali. Dunque, ciò che si deve fare risulta evidente di per sè: è necessario stabilire una legittima protezione. Da più di un decennio ho proposto di creare degli insiemi regionali più omogenei, unendo in una zona economica diversi Paesi quando questi presentano le stesse condizioni di reddito e le stesse condizioni sociali. Ognuna di queste “organizzazioni regionali” dovrebbe essere autorizzata a proteggersi ragionevolmente contro le disparità dei costi di produzione che assicurano vantaggi indebiti a certi Paesi concorrenti; ciò, pur mantenendo allo stesso tempo, all’interno di ogni zona, le condizioni di una sana e reale concorrenza tra i suoi membri associati.

Il sistema che propongo non costituirebbe un danno per i Paesi in via di sviluppo. Oggi, le grandi imprese li utilizzano per i loro bassi costi, ma partirebbero se i salari aumentassero troppo. Questi Paesi hanno interesse ad adottare il mio principio e ad unirsi ai loro vicini dotati di un livello di vita simile, per sviluppare anche loro un mercato interno abbastanza ampio da sostenere la loro produzione, ma anche abbastanza equilibrato da far sì che la concorrenza interna non si fondi soltanto sul mantenimento di salari bassi.

Ciò potrebbe applicarsi ad esempio ai Paesi dell’est dell’Unione europea, che sono stati integrati senza riflessione sufficiente, ma anche a quelli dell’Africa e dell’America latina.

L’assenza di tale protezione porterà alla distruzione di ogni attività di ogni Paese con reddito più elevato, ossia di tutte le industrie dell’Europa occidentale e quelle dei Paesi sviluppati. Mi sembra scandaloso che le imprese chiudano dei siti redditizi in Francia o licenzino, mentre ne aprono nelle zone a costi minori (...). Se non è posto alcun limite, possiamo già annunciare ai francesi quanto segue: un aumento drammatico della distruzione di posti di lavoro, della disoccupazione - non soltanto nell’industria, ma anche nell’agricoltura e nei servizi.

Non faccio parte degli economisti che usano il termine “bolla”. Sono d’accordo che ci sono movimenti che si generalizzano, ma la parola “bolla” mi sembra sbagliata per descrivere la disoccupazione prodotta dalle delocalizzazioni. In effetti la sua progressione riveste un carattere permanente e regolare da oltre trent’anni. L’essenziale della disoccupazione che subiamo risulta precisamente da questa liberalizzazione sconsiderata del commercio su scala mondiale, senza preoccuparsi del livello di vita. Non è una bolla, ma un fenomeno di fondo, com’è la liberalizzazione degli scambi.

Crisi e mondializzazione sono legati

I grandi dirigenti mondiali preferiscono riportare tutto alla moneta; ora, questa è solo una parte del problema. Crisi e mondializzazione sono legati. Regolare solo il problema monetario non basterà, non regolerà l’essenziale, che è la nociva liberalizzazione degli scambi internazionali. Il governo attribuisce le conseguenze sociali delle delocalizzazioni a cause monetarie: è un errore folle.

Per quanto mi riguarda, ho combattuto le delocalizzazioni nei miei scritti pubblicati, sicchè il mio messaggio è noto. Mentre i fondatori del mercato comune avevano previsto dei ritardi di diversi anni prima di liberalizzare gli scambi con i nuovi membri accolti nel 1986, in seguito abbiamo aperto l’Europa senza precauzione e senza lasciare delle protezioni esterne di fronte alla concorrenza di Paesi dotati di costi salariali tanto bassi, da rendere illusorio difendersene.

Se il lettore vorrà riprendere le mie analisi sulla disoccupazione, che ho pubblicato nei due decenni passati, constaterà che gli eventi che viviamo oggi sono stati non solamente annunciati, ma descritti nei particolari. E tuttavia, le mie analisi hanno goduto di un’eco sempre più limitata sulla grande stampa. Questo silenzio obbliga a interrogarsi.

Un Nobel telespettatore

I commentatori economici che vedo parlare regolarmente alla TV per analizzare le cause della crisi attuale sono gli stessi che prima venivano ad analizzare la buona congiuntura con perfetta serenità. Non avevano annunciato l’arrivo della crisi, e non propongono niente di serio per uscirne. Ma li si invita ancora ai talk show.

Quanto a me, non sono stato mai invitato in televisione quando annunciavo e scrivevo, oltre dieci anni fa, che si sarebbe prodotta presto una crisi di prima grandezza accompagnata da disoccupazione incontrollata. Faccio parte di coloro che non sono stati ammessi a spiegare ai francesi quali sono le origini reali della crisi, mentre venivano spossessati di ogni potere reale sulla loro moneta, a profitto dei banchieri. In passato ho fatto arrivare a certe trasmissioni sull’economia - alle quali assistevo come telespettatore - che ero disposto ad andarvi a parlare: di cosa? Di quel che sono divenute a poco a poco le banche attuali, del ruolo veramente pericoloso dei traders, e del perchè certe verità nei loro confonti vengono taciute. Nessuna risposta, nemmeno negativa, è mai venuta da alcuna catena televisiva in questi anni.

Questo atteggiamento ripetuto solleva un problema sui grandi media in Francia: certi esperti vi sono autorizzati, altri invece proibiti. Benchè io sia un esperto internazionalmente riconosciuto sulle crisi economiche, specie quelle del 1929 o del 1987, io resto un telespettatore. Un premio Nobel... telespettatore.

Mi trovo di fronte alle affermazioni degli specialisti che sono regolarmente invitati in TV, e che garantiscono di capire bene quel che accade e che cosa bisogna fare. Invece in realtà non capiscono nulla. La loro situazione somiglia a quella che constatai nel 1933 negli Stati Uniti, dove ero andato con lo scopo di studiare la crisi che vi infuriava, coi suoi disoccupati e i suoi senza-tetto. Vi regnava una incomprensione intellettuale totale. C’è chi si inganna doppiamente in quanto ignora la propria ignoranza; ma altri, che conoscono e perciò dissimulano, ingannano i francesi.

Questa ignoranza, e soprattutto la volontà di nasconderla grazie a certi media, dimostrano un imputridimento del dibattito e dell’intelligenza, a causa di interessi particolari legati al denaro. Sono interessi che vogliono che il sistema economico attuale perduri tal quale, in quanto funziona a loro vantaggio. Tra questi interessi si trovano le multinazionali che sono i principali beneficiari, con gli ambienti borsistici e bancari, di un meccanismo economico che li arricchisce nel momento stesso in cui impoverisce la maggioranza della popolazione, francese ma anche mondiale.

Ciò pone la domanda: quanto sono veramente liberi i grandi media? Parlo della loro libertà riguardo al mondo della finanza e alle sfere della politica. Seconda domanda: chi detiene il potere di decidere che un esperto è autorizzato o non autorizzato ad esprimere un libero commento sulla stampa? Ultima domanda: perchè le cause di tale crisi sono presentate ai francesi da queste personalità che non comprendono profondamente la realtà economica? Si tratta di ignoranza da parte loro? Quelli che detengono il potere di decisione ci lasciano la scelta tra ascoltare degli ignoranti o degli ingannatori.
Maurice Allais

martedì 16 novembre 2010

Cina e monopolio dei metalli rari

Qualche giorno fa è apparso sul quotidiano La Stampa un interessante articolo riguardante un aspetto particolare dell’economia cinese.
Il 97% dei metalli rari utili per la produzione mondiale dei prodotti hi-tech (cellulari, marmitte catalitiche, satelliti, cavi superconduttori e moltissimi altri) esce dalle miniere cinesi. Ma, visto che proprio in Cina sono in piena espansione produzioni ad alto contenuto tecnologico (il più delle volte filiali di imprese estere del settore, che chiudono gli stabilimenti in Europa, cancellando migliaia di posti di lavoro, per trasferirisi in Cina e poi esportare i prodotti nella stessa Europa!) i cinesi, in un’ottica di opportunismo nazionale (ma a favore pure dei capitalisti globali presenti massicciamente in Cina, non dimentichiamolo), stanno pensando di bloccare l’esportazione di tali metalli. Le esportazioni sono già state tagliate del 40% e recenti proiezioni prevedono che già nel 2012 se ne bloccherà completamente la vendita.
Per anni le nazioni europee hanno investito senza criterio in Cina (l’Italia è al 5° posto tra i paesi al mondo per trasferimento di tecnologia, trasferimento che impoverisce la nostra Nazione e arricchisce la Cina e i capitalisti globali), mentre, come dice l’articolo “è chiaro che il gioco cinese punta al monopolio: con le esportazioni azzerate bisognerà comperare da loro. Oppure spostare le produzioni sul territorio cinese, girando verso Oriente un flusso di investimenti enorme. E questo è potere vero.” Insomma, ulteriori delocalizzazioni, e ulteriori chiusure e licenziamenti per noi!
Monopolio, forme cammuffate di protezionismo (ad esempio l’artificialmente basso cambio della valuta nazionale), dumping, neoschiavismo: questa è l’economia globale made in China! Questo il vero volto della globalizzazione, il mondialismo tanto osannato!
E noi? Da noi sono anni che la politica è sparita, mentre l’economia (tradotto: il profitto delle oligarchie, ossia delle persone che investono, specie all’estero) ha il sopravvento e s’impone come politica! I nostri politicanti continuano ad inchinarsi al Dio Mercato, al Liberalismo criminale e, al posto di alzare severe barriere doganali (per proteggere le produzioni locali/nazionali, difendere i posti di lavoro e riaprire qui le fabbriche) continuano a seguire schemi ormai superati e dannosi per i non privilegiati locali e nazionali.

domenica 7 novembre 2010

Roma contro il precariato!

Sabato 30 ottobre. Anche a Roma attivisti e simpatizzanti dell’Autonomia Nazionale (che ringraziamo!) hanno organizzato un presidio per supportare la campagna lanciata dal network Stop Capitalismo contro il lavoro temporaneo, la precarietà e le agenzie del lavoro (ex interinali).
Precarietà e flessibililizzazione dilagano senza freni di sorta, causando un impoverimento progressivo di interi settori di popolazione italiana e rappresentando un dramma comune a moltissimi cittadini italiani, giovani e meno giovani.
Cosa ci aspetta per il futuro se non cambiamo rotta? Quali prospettive possono esserci per milioni di non privilegiati? Bastano i dati terribili sulla disoccupazione, sotto-occupazione e precarietà per smentire retorica e propaganda dell’offensiva turbocapitalista!

Il lavoro atipico e precario è una VERGOGNA! Un tale scempio VA FERMATO!
Avanti con la mobilitazione contro la precarietà! Riprendiamoci i nostri Diritti e la nostra dignità di cittadini e lavoratori!

giovedì 4 novembre 2010

Non c'è crisi per i profitti di Wall Street

Mentre il disastro finanziario (ripianato con soldi pubblici) e la crisi del sistema produttivo nei Paesi europei (ma pure negli USA) continuano a distruggere posti di lavoro e incidere pesantemente sulla vita di milioni di non-privilegiati, i Signori della Globalizzazione tornano tornano a festeggiare alla grande !
Le grandi aziende quotate a Wall Street, in particolare quelle del settore finanziario, si preparano a pagare per il 2010 ai propri dipendenti compensi e bonus per una cifra record: 144 miliardi di dollari, il 4% in più rispetto a quelli concessi nel 2009, che a loro volta avevano rappresentato un record!
La 'grande crisi' del 2008 sembra non aver scalfito l'avidità e l'impunità delle società di ingegneria finanziaria. Altro che 'crisi', il capitalismo è ben in sella al sistema e la globalizzazione continua a rappresentare una manna per la finanza internazionale. Quando la POLITICA tornerà a fare gli interessi dei cittadini e non solo quelli delle oligarchie globali?

venerdì 29 ottobre 2010

Discriminazioni anagrafiche

E' una strana società, la nostra. Si fa un gran parlare di 'parità', di 'uguaglianza', di 'rispetto', di 'pari opportunità' e belle parole simili.
Questi discorsi, però, guarda caso, sono sempre unidirezionali e sorgono solo per situazioni di comodo alle oligarchie, ai potentati, ai progressisti infami e ai loro lacchè.
Ci sono però forme crescenti di DISCRIMINAZIONE che invece restano in ombra, nascosti, evitati dai media (sempre pronti, però, a urlare quando si commette la benchè minima mancanza nei confronti dei loro 'cocchi').
Forme odiose, però tollerate (quando non avvallate) perchè fanno comodo, perchè sono in linea con i voleri del Dio Unico 'IL LIBERO MERCATO', del profitto, del capitalismo imperante.
E' il caso della crescente espulsione dal mondo del lavoro (e del conseguente RAZZISMO) di chi supera una certa età (limite che si abbassa sempre di più, al punto che già a 35 anni ti può capitare che una ragazzetta svampita e carogna delle agenzie interinali ti dica cose come 'eh ma sei troppo vecchio'!), grave colpa per cui, visto l'imperante giovanilismo Made in USA (guarda caso, sempre quelle merde d'oltreoceano...) unito a infami leggi avallate anche da certo sinistrume da salotti nostrano (Legge Treu, Legge Biagi, Legge sull'apprendistato del 2006), chi non ha vent'anni e non è un privilegiato (perchè quelli sono intoccabili fino a 100 e passa!) si merita l'ostracismo da ogni possibile lavoro, qualsiasi siano le sue esperienze lavorative, la sua disponibilità, le sue capacità!
Di recente ho sentito il presidente francese Sarkozy blaterare contro chi (giustamente) protestava contro l'innalzamento dell'eta pensionabile dicendo che 'ormai si campa fino a cent'anni e quindi bisognerà lavorare di più!
Ma Sarkozy, come migliaia di altri privilegiati come lui, sanno in che società vivono? Sanno che ormai già dai 35 anni si rischiano rifiuti su rifiuti e si finisce sulla strada?
Sanno che le famigerate 'agenzie di lavoro interinale' discriminano quotidianamente sulla questione anagrafica?
E' questo il 'paradiso mondialista' progettato e imposto dai globalizzatori (e sostenuto dalle sinistre)?
In Belgio alle recenti elezioni ho sentito che un partito ha proposto di creare delle quote lavorative riservate per chi non è più giovanissimo. Potrebbe essere una soluzione, ma sentire cose simili fa venire i brividi...

giovedì 21 ottobre 2010

Prospettive ZERO!

Qualche giorno fa il bollettino economico trimestrale pubblicato da Bankitalia osservava che 'le prospettive sul mercato del lavoro rimangono incerte e a farne le spese sono soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni il cui tasso di disoccupazione continua a essere più di tre volte maggiore della media", sottolineando come il tasso di disoccupazione reale, comprendente anche lavoratori scoraggiati (un’altra triste realtà moderna!) e ore di Cig, si trovasse oltre l'11%, ben oltre l'8,5% rilevato dall'Istat!!!!
Considerando che purtroppo la disoccupazione non riguarda solo i giovani ma purtroppo numeri sempre più alti di over 40enni (che, dato anche l’imperante giovanilismo di matrice americanoide e l’estrema rigidità del mercato del lavoro italiano, agenzie interinali in testa, difficilmente riusciranno a trovare nuovi impieghi) e, tenendo conto che le imprese qui chiudono per aprire all’estero (senza limiti e senza dover affrontare dure politiche di dazi doganali, che le penalizzarebbero e invertirebbero la tendenza a produrre a minori costi in altri paesi), viene da chiedersi quale futuro ci aspetti.
Le logiche turbocapitaliste, tra delocalizzazioni e criminali politiche di tagli e austerity, stanno affossando un intero continente!
E le proteste ormai dilagano, dalla Francia alla Sardegna, dalla Gran Bretagna alla Spagna, anche se la maggioranza dei cittadini (per interesse, paura o semplice menefreghismo, imbevuti come sono di mentalità liberista-consumista) ancora non si sta accorgendo della deriva a cui tutti andiamo incontro.
I governi europei si rendono conto di tutto ciò? Non sembrerebbe, ma si potrebbe anche pensare che siano ormai talmente omologati alle logiche neoliberiste (‘destra’ e ‘sinistra’ insieme), da non volere/potere più applicare politiche differenti, anche per non incorrere nelle ire dei loro padroni globali.
Di recente pure il Fondo Monetario Internazionale ha dovuto ammettere che le nazioni europee sono bloccate: il rapporto "Will It Hurt? Macroeconomic Effects of Fiscal Consolidation" (“Farà male? Effetti macroeconomici del consolidamento fiscale”) sostiene implicitamente che l'austerity farà più danni di quanti non siano stati riconosciuti finora.
Il Fondo Monetario dice anche che il danno raddoppia per quegli stati che non possono tagliare i tassi o svalutare - pensate alla Spagna, al Portogallo, all'Irlanda, alla Grecia e all'Italia, intrappolate nell'unione economico-monetaria con tassi di cambio sopravvalutati. E i forti tagli di spesa che i governi ottusamente liberisti stanno applicando, in una crisi sono perfidi o controproducenti e causeranno più danni che benefici (ovviamente per i non privilegiati!).
L’ideologia capitalista sta portando alla rovina le nostre nazioni. Spetta a noi però difendere i nostri interessi e il nostro Futuro....

venerdì 15 ottobre 2010

Verso il baratro: povertà in continua crescita!

Aumenta la povertà. In Italia ci sono oltre 8 milioni di poveri, più di quanti ne rilevino le statistiche ufficiali. Molti poi sono impoveriti, cioè hanno cambiato il proprio stile di vita e si ritrovano in una situazione di forte debolezza economica. Come si legge nella presentazione del Rapporto sulla povertà e l’esclusione in Italia, realizzato da Caritas e Fondazione Cancan, "la povertà, nel nostro paese, era un fenomeno ramificato già prima che l'economia planetaria (e nazionale) vacillasse, anche a causa dell'assenza di incisive e organiche politiche di contrasto. Ma adesso, a due anni dall'inizio della crisi finanziaria e della recessione economica, lo scenario si inasprisce, al di là di quanto attestano le rilevazioni statistiche ufficiali". Fra il 2009 e il 2010 sono aumentate del 25% le persone che chiedono aiuto alla Caritas. Diminuiscono gli stranieri senza permesso di soggiorno che chiedono aiuto, mentre aumentano gli italiani e gli uomini: ai centri di ascolto continuano a rivolgersi gli stranieri ma cresce del 40% la percentuale di italiani e del 30% quella di nuovi utenti, che si sommano a persone che "tornano" in Caritas dopo un periodo di "assenza" nell'assistenza. Secondo quanto scritto nel Rapporto, "molti nuovi poveri non sono 'assistibili' economicamente dai servizi sociali, perché nonostante abbiano un tenore di vita molto basso, percepiscono un reddito 'di partenza' (tra cui la pensione) oppure dispongono della casa di proprietà". A essere in difficoltà sono soprattutto separati, divorziati, occupati in una situazione di instabilità lavorativa (i precari), donne sole con figli, licenziati, cassintegrati, famiglie monoreddito.
L’analisi dei bisogni e delle richieste conferma un generale peggioramento delle condizioni di vita materiale delle persone, proprio mentre, notiamo, tornano a crescere in maniera spudorata stipendi e bonus delle oligarchie e dei banchieri, in linea con la ripresa turbocapitalistica in atto.
Infatti, nonostante la ‘crisi’, nulla si è fatto per bloccare l’arroganza turbocapitalista: non si sono inseriti dazi doganali per bloccare la fuga delle fabbriche e l’arrivo insensato di merci dall’oriente, non si sono posti limiti alla precarietà, nulla di nulla! E la situazione continuerà a peggiorare (ma non per i privilegiati)!
Per il sociologo Aldo Bonomi del consorzio Aaster “i vulnerabili non sono marginali in sé. Lo diventano o rischiano di diventarlo nella crisi, per la perdita dell’occupazione, l’assenza per ampie fasce del mondo del lavoro di ammortizzatori sociali, di appropriati strumenti di protezione dai fallimenti di imprese e attività che sono anche progetti di vita”!

martedì 12 ottobre 2010

Basta lavoro a tempo! Presidio a Torino

Sabato 9 ottobre si è tenuto a Torino, in pieno centro, il presidio contro la precarietà, il lavoro a tempo, tutte le forme atipiche di contratto e le agenzie interinali.
Opporsi a questa forma moderna di lavoro feudale di significa opporsi al generalizzato peggioramento delle condizioni lavorative di tutti (i non privilegiati), è lotta alla neoschiavitù, contro le politiche regressive neoliberiste che, tra sfruttamento, compressione dei salari e riduzione dei diritti, privano del futuro intere generazioni!

LOTTARE OGGI PER AVERE UN FUTURO DOMANI!

martedì 5 ottobre 2010

Agenzie interinali, sfruttamento e discriminazioni

Dietro una facciata di 'professionalità' si nasconde il vero volto delle agenzie interinali: luoghi di sfruttamento e di DISCRIMINAZIONI! Eh si, mentre le élites europee si riempono la bocca di politically correct, bacchettando mezzo mondo accampando pretese di 'civiltà', nel mondo del lavoro si verificano invece continue e quotidiane discriminazioni per milioni di non-privilegiati cittadini italiani, sottoposti tutti i giorni a trattamenti vergognosi, ad abusi meschini e meccanismi poco dignitosi, costretti a sottomettersi alle ragazzette saccenti e sprezzanti delle agenzie per cercare di avere uno straccio di lavoro, per campare e mantenere la propria famiglia. Il lavoro a tempo è di fatto una fonte di DISCRIMINAZIONE! E come tale VA ABOLITO, con la chiusura immediata di tutte le agenzie!

domenica 3 ottobre 2010

Basta lavoro a tempo!

Sabato 2 ottobre è stato organizzato per le vie centrali della città di Ivrea un presidio di controinformazione e protesta contro il lavoro a tempo determinato e contro le agenzie di lavoro interinale.
L’obiettivo di tali mobilitazioni vuole essere quello di sensibilizzare e far riflettere i cittadini e i lavoratori su queste modalità di sfruttamento, troppo spesso accettate, complice anche la propaganda dei media, come ‘forme di modernità’.
La precarietà invece non è e non deve essere considerata la normalità: non bisogna assuefarsi alle forme neoliberiste di sfruttamento! Bisogna invece superare inerzia e apatia e difendere quelli che sono Diritti inalienabili, prima che vengano abrogati del tutto in nome del Libero Mercato e del profitto!
Il presidio è stato partecipato, tranquillo, determinato! Dopo aver esposto uno striscione e dei cartelli, in un'ora abbiamo finito i 500 volantini appositamente studiati e stampati.
Molto ampio il supporto ricevuto dalle persone di tutte le età che si sono avvicinate a mostrare la propria approvazione per l’iniziativa e a chiedere informazioni di vario genere. Segno che il precariato è un dramma comune e fin troppo diffuso, a cui pensiamo sia tempo di porre rimedio, abolendolo completamente!
Mobilitazione, partecipazione attiva, Resistenza:
facciamo sentire la nostra voce!

sabato 18 settembre 2010

LA VERGOGNA DEL LAVORO FLESSIBILE!

Lavoro temporaneo. Lavoro flessibile. Precarietà. Una forma di schiavitù moderna, a tempo, legalizzata!
Il lavoro interinale, introdotto in Italia dall’Ulivo di Prodi attraverso il Pacchetto Treu (legge 196/97), è stato creato apposta per poter speculare (lo sport preferito dalle oligarchie mondialiste) sui bisogni dei lavoratori, trattati come merci e oggetti!
Un mondo a DIRITTI ZERO, una realtà fatta di quotidiano sfruttamento, incertezza, disperazione, sottomissione, abusi continui!
Di annientamento morale, economico, sociale e umano per milioni di non privilegiati senza diritti e dignità, trattati come immondizia, sottoposti a contratti capestro, immersi in realtà in cui bisogna obbedire sempre e non protestare mai, qualunque siano le discriminazioni subite, privati del futuro per l’interesse di oligarchie che macinano profitti immensi sulla pelle dei più deboli!

Lavoratori ‘atipici’, cittadini italiani di serie B, schiavi sacrificabili, merce deperibile, gettati nella spazzatura quando scadono, quando non stanno in silenzio a subire l’arroganza dei moderni schiavisti o quando raggiungono età non più in linea con l’imperante giovanilismo americanoide!
E mentre la propaganda capitalista esalta la ‘modernità’ del lavoro flessibile, l’élite di privilegiati e della loro cerchia si riserva posti garantiti, sicurezze granitiche, stabilità, prestigio, stipendi, carriera e profitti immensi! Alla faccia della tanto decantata ‘flessibilità’ imposta agli altri!
Una situazione obiettivamente aberrante, che vede enormi discriminazioni disparità e ingiustizie, con un’élite di garantiti all’eccesso e un mondo di schiavi a tempo! Una realtà devastante che sopportiamo da troppo tempo!

Il lavoro precario è una VERGOGNA!
Un tale scempio VA FERMATO!

Per questo il network STOP CAPITALISMO intende avviare una campagna per chiedere la soppressione della flessibilità nel mondo del lavoro, il ‘lavoro a tempo’ e la chiusura di TUTTE le agenzie interinali, vergognosi luoghi di sfruttamento.
Dai un calcio ad inerzia e apatia!
DIFENDI I TUOI DIRITTI!
(prima che li abroghino del tutto in nome del Libero Mercato)
Chiunque sia interessato ad attivarsi per combattere questa vergogna, ci contatti: anti.capitalista@yahoo.it

giovedì 26 agosto 2010

Schizofrenia nel mondo del lavoro

Ormai non dovrebbe più stupirci il livello di schizofrenia raggiunto dalle esigenze del turbocapitalismo imperante. Ma ogni volta si raggiungono nuovi livelli di arroganza e di pretese da parte delle vestali del liberismo, dell’economia eretta a totem, a cui tutti devono prostrarsi. Il tasso di disoccupazione vola, milioni di senza lavoro affliggono la nostra Nazione, magari persone preparatissime, con ottime conoscenze e disponibili a fare esperienze diverse, a re-impiegarsi, ad apprendere un nuovo mestiere, ma sui giornali compaiono articoli a dir poco , che sono una mazzata per tutti quelli che disperatamente cercano un lavoro con cui poter campare e mantenere la propria famiglia.
Paradossalmente, alcuni famigerati ‘monitoraggi’(come quello annuale del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro) denunciano non l’assoluta mancanza di investimenti per il futuro e di flessibilità nelle assunzioni da parte delle stesse aziende, quanto piuttosto ‘malgrado la crisi, rimane un’incomunicabilità tra bisogni delle aziende e formazione dei lavoratori. Un gap non nuovo, frutto di una formazione che spesso non orienta i giovani verso le professioni più ricercate’!
Secondo il presidente di Unioncamere “le aziende, pur attraversando una fase molto difficile della loro storia, DEVONO assumere personale qualificato e formato: solo in questo modo avremo gli strumenti adeguati per fronteggiare le sfide internazionali e colmare il gap esistente tra domanda e offerta di lavoro”!
Insomma, abituati (ed obbligati) ad essere flessibili, precari e con sempre meno Diritti, i lavoratori si sentono anche dire che, oh, avrebbero dovuto studiare e prepararsi secondo le esigenze dei datori di lavoro, esigenze che ovviamente mutano nel giro di poco tempo, ma tant’è, spetta ai lavoratori colmare il ‘gap’!
Da anni le aziende, le uniche entità degne di avere Diritti nella nostra evoluta società, si sono abituate a pretendere TUTTO, senza mai dover niente in cambio che non sia il misero salario che, per ora, è ancora previsto (ovviamente fino a quando sarà reintrodotta un qualche forma di schivitù a base di pane-e-acqua, perché, ci sarà detto da politicanti insulsi asserviti all’ideologia liberista e da economisti al soldo delle corporation, ‘così vogliono la globalizzazione e il mercato’, le supreme divinità a cui chiunque si deve asservire!).
Uno ingenuamente potrebbe chiedersi: ma non spetterebbe alle aziende addestrare il lavoratore appena assunto, ad investire nella formazione (parola di cui tutti si riempono abbondantemente la bocca) del proprio personale, a far crescere con appositi percorsi mirati la propria ‘forza lavoro’? D’altronde, da più parti ci viene detto che sono i lavoratori il vero capitale dell’azienda!
Ma figurarsi! La maggior parte delle aziende, prive ormai di visioni a medio e lungo periodo e abituate da politiche conniventi a dover solo pretendere-pretendere-pretendere e lamentarsi-lamentarsi-lamentarsi, hanno deciso di non fare più formazione (costa!), di non preparare più i lavoratori, di non investire nel loro futuro, ma piuttosto di aspettarsi dalla società (senza costi!) la fornitura del lavoratore su misura!
Mancano le capacità richieste? E’ colpa della scuola, che commette il gravissimo crimine di ostinarsi ancora a cercare di offrire una Cultura ai cittadini di questa Nazione e non invece, come dovrebbe secondo i dettami della stramaledetta globalizzazione, ad ubbidire ai ‘bisogni’ e ai capricci insensati di aziende a cui è già stato dato tutto (possibilità di fare contratti di formazione e apprendistato fino ai 29 anni, libertà assoluta negli straordinari, flessibilità totale nei contratti, libertà di mascherare lavori con forme di stage, tirocini fantasma, partite Iva fasulle, ecc.)
Alle aziende non basta mai: ai lavoratori si richiede una completa flessibilità, si pretende di trovare lavoratori disponibili, preparati, addestrati, formati, flessibili, laurea e master col massimo dei voti, con esperienza pluriennale, che parlino 2-3 lingue, disponibili a viaggiare, senza vita privata e, aspetto sempre più centrale, bella presenza, giovani e giovanili (eh si, perché chi vuole più un 40enne anche se con tanta esperienza? I film americani insegnano, il giovanilismo coatto impera sovrano! E poi i giovani sono meno scafati, più integrati negli stili di vita americanoidi, più allineati ai voleri gerarchici rispetto a 40enni che magari chiedono il rispetto per le loro conoscenze ed esperienze e sono un pò meno docili nei confronti dell’arroganza dei nuovi schiavisti), estendendo forme di estrema discriminazione che però, essendo corollario integrante del neoliberismo, sono accettate e incoraggiate!
E in cambio? Le aziende sono invece rigidissime nelle loro esigenze: i lavoratori, naturalmente, si pretendono a basso costo, con tutte le caratteristiche richieste e di più, a tempo iperdeterminato (magari ‘in nero’), proni ad ogni richiesta e con l’obbligo di sottostare ad ogni capriccio di capetti e al mobbing aziendale, senza poter accampare il benchè minimo diritto. E, ovviamente, disponibili ad essere licenziati, rottamati, espulsi appena si presentino le condizioni per farlo!
Insomma, non esseri umani, non più ‘lavoratori’, ma ingranaggi, parti, pezzi, da gettare quando non più utili, appena si profila (Fiat insegna) un minimo calo dei profitti.

lunedì 9 agosto 2010

Disastro occupazione!

Non si arresta il crollo dell'occupazione nel nostro Paese.
Nell’ultimo trimestre di quest’anno potrebbero essere circa 70.000 i posti di lavoro a rischio in Italia. E’ quanto stima la Cgia di Mestre, secondo cui “quest’anno dovremmo registrare 181.000 occupati in meno rispetto al 2009. I senza lavoro dovrebbero toccare quota 2.258.000 facendo attestare il tasso di disoccupazione al 9%”.
Negli ultimi due anni la crisi economica ha bruciato 561.000 posti di lavoro facendo aumentare il tasso di disoccupazione di 2,3 punti. Infatti nel 2008 la disoccupazione si era fermata al 6,7%.
Cgia sottolinea infine “con preoccupazione” l’aumento degli inattivi, di coloro che hanno deciso di non cercare più attivamente un posto di lavoro. Al 30 giugno di quest’anno, il tasso di inattività (nella fascia di età compresa tra i 15 e i 64 anni) ha toccato il 37,6%. In termini assoluti invece sono aumentati, rispetto al 2009, di 103.000 unità (pari al +0,7%), raggiungendo la quota assoluta di 14.876.000.
Se continua così, ci aspetta un futuro di miseria, altro che i bla-bla-bla di economisti e politicanti asserviti alle logiche mondialiste!

martedì 27 luglio 2010

Omsa delocalizza in Serbia

Lo stabilimento OMSA di Faenza, in provincia di Ravenna, sta per essere chiuso.
Ma non per fallimento dell’azienda, che anzi è una società di profitti, ha la leadership di mercato, una proprietà familiare e solida, ma perché la Golden Lady Company (sul loro sito sta scritto: “Attualmente Golden Lady Company è fra le aziende leader del settore a livello mondiale, in continua espansione e con un fatturato in crescita”...), il gruppo proprietario del prestigioso marchio calzaturiero, ha deciso di spostare lo stabilimento in Serbia, dove gli operai costano poco. Le 350 dipendenti perderanno il lavoro, con prospettive di reinserimento quasi nulle. Mentre le autorità hanno fatto poco o niente per incentivare il titolare a rimanere in Italia (ma c’era da aspettarsi un comportamento differente, visto il filo-liberismo totale di TUTTI i partiti politici presenti in Parlamento?), le lavoratrici presidiano la fabbrica, da notti e giorni, nel disperato tentativo di bloccare il trasferimento dei macchinari.
Tagliare i costi, tagliare, tagliare per fare più profitti, ecco la realtà del turbocapitalismo mondialista!
Quando si daranno una sveglia i politicanti strapagati? Quando capiranno che è tempo di introdurre pesantissimi dazi doganali per bloccare il dumping globale, riportare le produzioni in Italia e ridare lavoro a milioni di italiani? E quando i cittadini cominceranno a capire che il liberismo capitalista e mondialista porta guadagni e profitti solo alle oligarchie e per il resto della popolazione c'è solo povertà, disoccupazione e sfruttamento?

mercoledì 21 luglio 2010

LE NUOVE CATENE: FLESSIBILITÀ, PRECARIETÀ, SFRUTTAMENTO

Dalla Legge Treu in poi ((LN 196/97, c.d. “Pacchetto Treu”, governo Prodi, quindi sinistra), per i lavoratori la situazione è peggiorata fino ad arrivare ad assumere oggi le sembianze di una semi-schivitù.
I numeri parlano chiaro: se gran parte degli ingressi al lavoro si svolgono ormai con modalità precarie, succede sempre più spesso che la precarietà diventi una condizione nella quale si rimane intrappolati per anni (se non per sempre, come sta cominciando a verificarsi per molti). L’ultima indagine Ires (Rapporto maggio 2010) sul lavoro precario dà una stima dei soggetti interessati dalla instabilità occupazionale pari, nel 2008, a 3 milioni e mezzo circa di persone, di cui poco più di 1 milione e 800 mila donne (52%) e quasi 2 milioni di giovani e giovani-adulti fino a 34 anni d’età (56%).
La precarietà del lavoro diventa non più una caratteristica marginale e provvisoria, un connotato episodico o relegato alle fasce più giovani dei lavoratori, ma stigma PERMANENTE del nuovo capitalismo, della società del futuro, riversandosi inoltre non più solo in ambito lavorativo/economico, ma pure sociale, esistenziale, psicologico.
Di fatto la precarietà è una delle cause primarie delle ingiustizie sociali crescenti, dell’emergere anche in Europa di una società a caste, ormai saldamente basata su diseguaglianze estreme e sempre meno colmabili, in cui un certo numero di persone (i garantiti, gli intoccabili, gli amici-degli-amici) hanno tutti i diritti e grandi prospettive, mentre una fetta crescente di persone di tutte le età vengono gettate in un limbo fatto di ansia permanente, disorientamento, angoscia e disperazione inflessibile.
Di tutte le età?
Si, di tutte le età! Per riuscire a comprendere con chiarezza l’estrema pericolosità del fenomeno ‘precarietà’ (o ‘flessibilità’, come preferiscono dire nella neolingua liberista, che attraverso un uso deliberatamente distorto e improprio dei vocaboli in questione, genera confusione e malintesi, che contribuiscono all'interiorizzazione delle norme neoliberiste vessatorie e schiaviste da parte dei cittadini e dei lavoratori, determinandone in tal modo la passività per fare accettare tutte le ingiustizie e le prevaricazioni. Come in ‘1984’ di Orwell…) bisogna superare gli stereotipi diffusi dalla propaganda capitalista (che così cerca di alleggerire la dura concretezza del pericolo derivante PER TUTTI dal precariato): non sono solo i giovani e giovanissimi ad essere immersi nella palude della precarietà, della sotto-occupazione e della disoccupazione, ma pure numeri sempre più consistenti di 40-50enni che perdono il lavoro e, grazie ad una società in cui impera una sottocultura di stampo americanoide fatta di giovanilismo idiota e individualismo infantile e capriccioso, vengono di fatto scartati, emarginati, esclusi, rottamati! Restando però sempre tutti ‘a servizio del capitale’, pronti a tutto per riuscire a svolgere qualche misero lavoretto sottopagato, incapaci di resistere allo stato delle cose, al caporalato legalizzato di quello schifo che sono le agenzie di lavoro interinale, alla violenza di un sistema basato sullo sfruttamento e sul profitto di pochi.
Nel 2003 un giornalista americano, Bob Herbert, aveva pubblicato sul New York Times (qui rintracciabile l’originale:
http://www.nytimes.com/2003/02/06/opinion/06HERB.html ) un articolo in cui mostrava i risultati di un indagine svolta un campione di giovani disoccupati di Chicago: nessuno degli intervistati sperava di trovare lavoro nei prossimi anni, nessuno di loro si aspettava di potersi ribellare o di poter avviare un grande Cambiamento collettivo. Il senso generale delle interviste era un sentimento di impotenza profonda. La percezione del declino non appariva focalizzata sulla politica (come sarebbe giusto, visto che è la politica che dovrebbe controllare l’economia), ma su cause più profonde, sullo scenario di un'involuzione psichica e sociale che sembra cancellare ogni possibilità di costruire alternativa.
è riuscita a modellare un sistema economico-giuridico che comprime e azzera sempre più i diritti dei lavoratori.
Insomma, flessibili e passivi, come schiavi. Ecco il risultato di anni e anni di egemonia del pensiero economico neoliberista, ideologia nefasta (pienamente assorbita anche dai partiti ‘di sinistra’, che anzi ne divengono spesso i più zelanti e feroci esecutori) e radice dei molti mali che affliggono ormai quasi tutto il mondo. Ah, la sublime bellezza della globalizzazione, del Turbocapitalismo e della competizione!

giovedì 15 luglio 2010

La BCE consiglia: più precarietà per tutti!

Il bollettino mensile della Banca Centrale Europea (Bce) ha reso noto che nell'area euro la disoccupazione dall'attuale 10%, "continuera' a scendere nel 2010" e che “esiste il rischio che la creazione di posti di lavoro sia insufficiente a ridurre la disoccupazione per un periodo di tempo significativo, se la moderazione della dinamica salariale non sara' sufficiente a stimolare la domanda di lavoro".
Ovviamente, questo è uno scenario che ben conosciamo, visto che non sono i normali cittadini ad avere posti garantiti con stipendi a 6 zeri! Per le persone le opportunità di lavoro sono sempre più rare, e tutto ciò grazie anche alle politiche mondialiste portate avanti da decenni proprio da questi profeti della mondializzazione, poco memori delle prediche pro-globalizzazione sbandierate da decenni di cui oggi vediamo gli squallidi risultati.
Ma i capitalisti apolidi vogliono di più. Altro che ‘crisi del capitalismo’! Qui siamo in piena espansione del turbocapitalismo vincitore!
Infatti, i Signori della BCE (organo indipendente e privato, ricordiamolo bene, che non deve accettare istruzioni né dai governi, né dalla stessa Unione Europea, né dal Parlamento europeo. Liberi da ogni interferenza democratica quindi…) sembrano più preoccupati di soddisfare i mercati finanziari che di porre obiettivi di benessere sociale ed economico e consigliano, in nome della ‘crescita’ e dell’’occupazione’, l'imposizione di "moderazione salariale" e "maggiore flessibilita'" del lavoro!!!
Non dazi sui prodotti che provengono da quindi per proteggere posti di lavoro e lavoratori, ma ‘cinesizzazione’ progressiva del sistema produttivo europeo!
Non sia mai che la BCE chieda limiti o sacrifici alle banche, alle assicurazioni, ai finanzieri globali o agli sfruttatori internazionali!

venerdì 9 luglio 2010

Decrescita, la via possibile

La Decrescita è un sistema economico ecologista, anticapitalista ed anticonsumista ideato da Nicholas Georgescu-Roegen, fondatore della bioeconomia.
Criticata dai liberisti e dai marxisti, la Decrescita è basata su principi ecologici, più in generale biologici, in contrapposizione con quelli che regolano i sistemi vincolati alla crescita economica.
Ma non è solo un progetto economico! E prima di tutto un progetto politico radicale (ossia una visione alternativa di società futura) che punta a superare i modelli attualmente imposti (mondialismo, turbocapitalismo, crescita continua, ecc).
Come si è recentemente visto all’incontro tenutosi a Barcellona in marzo, la Decrescita é un movimento variegato composto da diverse anime che co-esistono: critica allo sviluppo e alla modernitá (Serge Latouche); semplicitá volontaria; ecologismo; aspirazione all’approfondimento e rilocalizzazione della democrazia; economia ecologica o bioeconomia; rivendicazioni per la giustizia sociale, economica e ambientale; crisi delle societá industriali: benessere, senso della vita e spiritualitá. Insomma, tendenze easpirazioni che condividiamo!
La diversitá intrinseca del movimento porta a una molteplicitá di strategie complementari e per lo piú coerenti. Viste le priorità emerse durante l'incontro, riteniamo interessante invitare a leggere questo articolo : L'ARCIPELAGO DELLA DECRESCITA (http://blog.libero.it/venegononews/8776330.html).

Decrescita: una possibile via per uscire dall'orrore del sistema capitalista, quindi.
Torneremo a parlarne molto presto...

martedì 8 giugno 2010

Conoscere per Resistere!

L'ISAE (Istituto Studi Analisi Economica) ha lanciato a marzo di quest'anno la sua terza indagine sulla conoscenza statistica degli italiani, dimostrando come la conoscenza dei fenomeni economici sia effettivamente tutt'altro che perfetta. Secondo i risultati, solo il 30% dei cittadini è in grado di rispondere ad una domanda sul recente andamento di PIL, inflazione e disoccupazione.
A un campione di duemila cittadini italiani sono stati chiesti ragguagli sulla situazione di questo periodo con riferimento ai parametri generali, quelli di cui si parla ormai quasi quotidianamente. Per esempio, gli intervistati avrebbero dovuto indicare l'andamento del prodotto lordo, la percentuale di aumento dei prezzi nell'ultimo anno, il tasso di disoccupazione. Incredibile il livello di disinformazione e di idee confuse in questi campi.
Due terzi degli intervistati non sanno rispondere, e quelli che rispondono sbagliano. Sul tasso di disoccupazione le risposte indicano che gli italiani pensano addirittura che sia diminuita! Al drammatico calo dell'attività economica, il peggiore del dopoguerra, invece che il terrible -5% del dato ufficiale, rispondono che il calo si aggira intorno «al -1%, circa».
Un pessimo ma chiarissimo segnale: meno si conosce, più si è controllabili, malleabili, manipolabili. E' così che il capitalismo mondialista riesce a mantenersi a galla pur lavorando nella direzione opposta agli interessi dei nostri cittadini e della nostra Nazione!

venerdì 28 maggio 2010

Il blog/network STOP CAPITALISMO nasce con l’intento di fare comunicazione sociale, politica e culturale anticapitalista, di mostrare gli effetti reali della globalizzazione e del mondialismo sulla vita dei cittadini, sulle Nazioni, sulla Natura e sull’ecosistema. Effetti che mettono seriamente in pericolo il nostro Futuro! L’intento che ci proponiamo sarà quello di fare riflettere, fare pensare, fare ragionare il maggior numero di persone possibili, di dare voce ad Idee differenti rispetto a quelle dominanti! Una chiamata alla resistenza, per la Libertà, contro la disinformazione, l’apatia, il disinteresse crescente.
Anche se non ci sfugge la complessità strutturale del potere mondialista, preferiamo concentrarci su pochi concetti e temi da diffondere, la cui comprensibilità è sì ostica ma non così tanto come si crede.
La globalizzazione altro non è che l'affermazione del capitalismo internazionale, di fatto una forma di dominazione totalitaria, che non prevede possibilità di alternativa.
Non vogliamo vivere in una ‘società di mercato’, basata sulla logica criminale e totalitaria del ‘profitto ad ogni costo’, in cui la mercificazione subentra in ogni ambito della vita, con la riduzione dell’essere umano al livello infimo di ‘consumatore’, ma bensì in una società di e per i cittadini, in cui al centro deve essere il benessere e la qualità della vita delle persone, degli animali, dell’ambiente e non il livello dei profitti e lo sfruttamento.
Sbaglia chi vuole vedere in queste idee un riflesso di marxismo o comunismo: noi auspichiamo una soluzione diversa ai problemi creati dal capitalismo, una soluzione basata non su una visione globale (l’altermondialismo di matrice progressista, di fatto complice del mondialismo capitalista) ma bensì nazionale e locale, ossia nel vero ambito del cittadino.

Il network è aperto a chiunque ne condivida i principi e i presupposti, siano essi individui, gruppi, associazioni o partiti. Inviatiamo quindi chiunque si senta vicino a questa visione e a queste Idee a contattarci
(anti.capitalista@yahoo.it ) per partecipare all'iniziativa e a portare avanti, in autonomia e collaborazione, questa battaglia di Libertà.

Per una campagna permanente contro il capitalismo e la globalizzazione!
Contro il totalitarismo capitalista delle élites mondialiste!